Le cicatrici delle donne
- Adele D'Angelo
- 18 mag 2020
- Tempo di lettura: 2 min

La violenza sulle Donne è argomento vecchio “come l’Uomo”, affonda radici lontane culturali e sociali.
C'è un confine sottilissimo che divide due mondi della donna: quello che asseconda la sua naturale inclinazione ad essere accogliente, pacificatrice, clemente, paziente, custode di segreti e quello dell'inferno di sopraffazione, violenza, abusi psicologici e fisici che essa è costretta a subire dall’uomo.
Tutto parte da qui: basta mettere il piede in fallo una sola volta con il lasciar correre ciò che invece va immediatamente bloccato e respinto come abuso di un potere autoreferenziato, non riconosciuto né dalla leggi degli uomini né da quelle della natura, per finire in quel baratro fatto di inganno, umiliazione e violenza.
Dovrebbero insegnarlo a scuola, sin da bambini, che questo non si fa. Dovrebbero insegnarlo ai maschietti, che la violenza non è forza ma debolezza e alle femminucce dovrebbero insegnare ad essere più assertive. Il comportamento assertivo ha a che fare con la condizione dell’essere liberi, non nel senso dell’affrancarsi da ogni vincolo o condizionamento, quanto piuttosto nella manifestazione di una scelta consapevole e responsabile. Un comportamento assertivo permette ad una persona di agire nel suo pieno interesse, di difendere il proprio punto di vista senza un’ansia esagerata, di esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e di difendere i propri diritti(...)”.
“Esistono oceani di lacrime che le donne non hanno mai pianto”, non si piangono per vergogna, per quella forma “antica” di addestramento che ci ha portato a conservare nella tomba i segreti personali, familiari, sociali. L’hanno chiamato pudore e ci hanno insegnato (purtroppo spesso le nostre mamme) che è meglio non dire, che è pericoloso. La donna teme profondamente la rilevazione, teme di violare un codice sociale o morale della cultura, teme di essere considerata indesiderabile, teme la rottura di relazioni per lei importanti, teme che le venga fatto del male.
E la violenza, spesso,non è solo fisica, le donne sono ferite da sguardi, parole, rinunce. Non c’è donna che non possa riconoscersi in questo spaccato.
Il cambiamento è innanzitutto culturale, deve riscattare la vera natura della donna che è gioiosa, libera, intuitiva, costruttiva ed istintiva.
I segreti non svelati diventano drammi eroici e l’unico modo per sopravvivere è svelarli, scappando dalla vergogna e dalla paura.
I cattivi e le cattiverie sono sempre esistiti, così pure le problematiche familiari, ma con la globalizzazione tutto si amplificano e le emarginazioni aumentano e si intercettano con maggiore difficoltà.
E’, pertanto, indispensabile un Welfare che si faccia pienamente carico della prevenzione, sensibilizzazione, educazione e controllo della violenza familiare e/o sociale, attraverso l’ascolto dei problemi, l’intercettazione dei pericoli e lo studio di soluzioni che affrontino il problema in modo competente e multiprospettico.
E’ indispensabile educare al rispetto, all’amore, al riconoscimento delle differenze utilizzando tutti i canali dell’educazione formale, informale e non formale per combattere la “globalizzazione dell’indifferenza” che rimane una delle più pericolose forme di violenza.
Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi ma è l’indifferenza dei buoni. (Martin Luther King)

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